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Emotional Marketing: Dal neuromarketing al “viaggio emotivo del cliente”

Cos’è l’emotional marketing?

Bernd H. Schmitt, docente della Columbia University, lo definisce come “un’esperienza memorabile che il cliente deve sperimentare, tale da superare le sue aspettative, che in altre parole anticipi i suoi desideri inconsci, soddisfacendoli al tempo stesso.”

emotional marketing

Il luminare afferma un importante postulato: le decisioni di acquisto non seguono logiche razionali, ma sono spinte dagli impulsi, dalle sensazioni e dalle emozioni.


CoffeeBytes ha chiesto a Ferdinando Dagostino, fondatore della web creative agency SaidiSEO, di guidarci in un breve excursus sulla nuova disciplina del marketing, che definisce il punto di incontro tra prodotti e clienti attraverso un appassionato viaggio emotivo.


Le origini del neuromarketing


È l’anno 2012 e l’Italia ritorna al futuro: si affaccia infatti, anche sulla nostra penisola, un nuovo modo di fare marketing e comunicazione che accoglie le tecniche di persuasione nate oltreoceano.


Già dal 2005, negli Stati Uniti, con l’affermarsi di Facebook, l’avvento dello streaming e la scalata economica di colossi del calibro di Amazon, si erano insinuate prepotentemente le tecniche di neuromarketing e l’attenzione al cliente e alla sua esperienza di acquisto.


La nuova branca dell’economia e del marketing non pone, tuttavia, solo l’accento sull’esperienza del consumatore, ma si focalizza addirittura sulle sue sensazioni: approfondisce cioè quelle modalità emozionali che l’advertising classico, nei lontani anni ’70, aveva introdotto con l’utilizzo di jingle, di testimonial e di tecniche di storytelling.


Il neuromarketing ha anche uno stretto rapporto di parentela con le indagini di mercato, che misurano i sentimenti e le preferenze dei clienti in un dato contesto di scambio: questo ci fa affermare che non è affatto una scienza giovane, perché nasce con il consumatore stesso e rientra nel contesto e nelle tradizioni culturali proprie di ogni quadro economico.


Se, come abbiamo detto, in Italia si affaccia solo nel 2012, non possiamo però non sottolineare la sua rapida ascesa in importanza: oggi blasonati atenei, lo IULM di Milano, con il suo “Behavior & Brain Lab” per citarne uno, dedicano corsi di laurea e academy a questa determinante branca del marketing e della comunicazione.


Perché lo studio e l’applicazione dei principi del neuromarketing sono determinanti per imprese pubbliche e private, ma risultano molto interessanti anche quando ci si muove in veste di pubblico di riferimento o utente.


Il neuromarketing definisce l’emotional jouney


L’anno 2012, con il boom digitale, in presenza di un pubblico tutto nuovo, che non ha conosciuto l’era analogica e le sue caratteristiche, segna allora uno spartiacque tra le vecchie maniere e i nuovi modi della comunicazione: le aziende cambiano radicalmente passo e stile riguardo a pubblici innovatori, che chiedono e rispondono in maniera profondamente differente rispetto alla tradizione.

Nintendo emotional marketing
Un grande esempio di Emotional Journey.

La scommessa sui nuovi capisaldi tecnici e culturali del neuromarketing si concretizza nello studio dell’emotional journey, ovvero del “fluido scorrere di stati emotivi” che caratterizza il percorso di acquisto di ogni consumatore, che non agisce più secondo meri step decisionali.

In un contesto nel quale gli utenti di un bene o di un servizio non desiderano farlo loro per soddisfare un bisogno, ma per regalarsi momenti di benessere ed esclusività, è necessario scardinare le vecchie leggi del marketing e adeguarsi al cambiamento di stile.


È anche lo scenario economico, come quadro generale, a modificare profondamente l’approccio del marketing: infatti, non solo i consumatori non acquistano più per soddisfare bisogni primari, ma mossi dal piacere stesso dell’acquisto, in aggiunta a ciò i medesimi consumatori possono contare su beni ampiamente disponibili, a portata di click. Per questa ampia possibilità di risorse sul mercato, i prezzi unitari risultano meno elevati ed il desiderio di acquisto cresce, di conseguenza, in maniera inversamente proporzionale. Per di più, le transazioni avvengono in maniera molto più semplice: si paga spesso attraverso voucher, carte prepagate o di debito.


Il passaggio da economia del credito a sistema del debito, avvantaggiando ulteriormente l’accesso ai consumi, rende inevitabilmente il cliente più potente ed esigente allo stesso tempo.


Ma se il cliente esige, il brand non si sottrae dall’ascoltare la sua voce e le sue richieste, al contrario le sostiene mostrandogli immagini a modello -è il caso del ricorso a testimonial-, permettendogli l’ascolto di note evocative -pensiamo ai jingle- o facendogli compagnia sui suoi social network, attraverso la narrazione di storie eroiche -le tecniche dello storytelling-.

Il percorso intrapreso dalle prime agenzie di comunicazione oltreoceano si compie, amplificando il suo peso grazie ai media digitali.


Dunque, di ogni pubblico il brand sa oggi interpretare sogni e aspirazioni e per lui genera sensazioni e moti di sentimento. Questa capacità di fondersi con il consumatore e di entrare nel suo quotidiano, in ogni esperienza, trasforma anche nominalmente lo stesso brand: la marca lascia lo scaffale per accompagnare il suo utente in ogni suo ambito, diventa a pieno titolo il suo “stile di vita”.



Articolo di Alessia Villa

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